Lettera aperta a Lorenzo Sonego

9 Marzo 2023
Sandro Columbaro

Al primo turno del torneo di Indian Wells Lorenzo Sonego è stato sconfitto da Jason Kubler, player ventinovenne australiano molto sfortunato perché ha dovuto subire diversi interventi chirurgici alle ginocchia che non gli hanno permesso di avere una carriera continua. Quella con il torinese è stata la prima vittoria in un torneo Masters 1000.

Poco se si considera che ha raggiunto la prima finale ITF nel 2010, ha debuttato nel circuito Challenger nel 2012 e in quello maggiore nel 2014 ma già nel 2010 gli era stata assegnata una wild-card per il tabellone principale dell’Australian Open. Troppi stop and go, troppe fermate non gli hanno permesso di giocare regolarmente, non gli hanno consentito di mostrare il suo talento che non è da fuoriclasse della racchetta ma di un player di discreto livello come aveva mostrato già da juniores.

Per Sonego quella di quest’anno era la terza partecipazione al torneo californiano. Nelle due precedenti era stato sconfitto al primo incontro da Bonzi e da Anderson che era a fine carriera.

Cosa dire? Perché sembravi un altro giocatore rispetto a quello che ha sconfitto Auger a Dubai e ha giocato quasi alla pari con la migliore versione, dall’inizio dell’anno, di Zverev?

Allora eri sempre in spinta, veloce, con buoni appoggi, alla ricerca degli angoli per aprirti il campo e con una percentuale di prime molto alta.

Con Kubler la palla non viaggiava, risultava sovente corta, attaccabile, la ricerca alla risposta era approssimativa e spesso completamente fuori misura.

Certo le condizioni climatiche erano probabilmente un po’ diverse – del resto non si possono mai trovare le stesse – forse il fuso orario non era completamente smaltito, ma poi cosa c’era che non funzionava? Perché eri emotivamente fragile, nervoso e insicuro? Perché avevi il braccio bloccato, eri rigido nei movimenti e la palla non usciva dalle corde della racchetta veloce e precisa?

Il tuo coach Arbino dice che soffri i primi turni, che hai bisogno del tempo per acclimatarti. La tua carriera dimostra che non è sempre così ma comunque, anche se fosse, non è una risposta che convince completamente. Forse le cause vanno cercate e risolte provando vie alternative, strade diverse che siano più ambiziose.

Non devi recidere il cordone ombelicale che ti lega al tuo allenatore se ti dà sicurezza, ma credo che provare a collaborare anche con un coach – lo vogliamo chiamare super? – che abbia provato l’esperienza del tour qualche anno fa da giocatore possa esserti veramente utile.

Pensa al tuo amico Sinner con il quale giochi il doppio in questo torneo. Jannik a 20 anni e da top ten ha avuto il coraggio di lasciare il coach italiano più bravo per provare a migliorarsi. Immagino che la scelta gli sia costata notti insonni, pensieri, ripensamenti ma una volta che ha lanciato il dado non si è più voltato indietro.

Lo so che la tua e la sua sono storie diverse. Jannik è un predestinato nato per giocare e vincere a tennis, ma anche tu credo che cerchi il meglio dalle tue prestazioni e la racchetta lanciata con stizza dopo la brutta sconfitta con il giocatore di Brisbane lo testimonia.

Non devi rompere nessun rapporto, devi solo alzare il livello con più assiduità e trovare, nel segno della continuità, qualcuno che ti aiuti a farti sempre suonare le corde giuste.

Pensati ancora in semifinale al Foro Italico contro Nole. Sta iniziando una nuova partita …