Lettera aperta a Matteo Berrettini

13 Giugno 2023
Sandro Columbaro

E’ finita con un gesto di consolazione di Lorenzo nei confronti di Matteo. In quel momento non era più l’avversario da battere, ma solo l’amico da rincuorare. Il confronto diretto era finito da pochi secondi, il secondo a Stoccarda dove avevano giocato anche l’anno scorso nei quarti di finale con la vittoria del romano per 6-4 al terzo set.

Quest’anno come l’anno scorso l’allievo di Santopadre veniva da un lungo stop. Dopo Melbourne dove aveva giocato un torneo al massimo delle sue possibilità – battuti tra gli altri Alcaraz, Carreño e Monfils – nei tre successivi tornei non si era più visto il giocatore lucente del mese di gennaio e per un’operazione alla mano aveva dovuto saltare i tornei sul rosso europeo. Pochi gli davano credito quando arrivò a giocare a Stoccarda, ma lui stupì tutti giungendo fino alla finale vittoriosa contro Murray.

Si ripetette al Queen’s, bissando il successo del 2021, dove in cinque match perse solo un set. Intanto la sua confidenza con la superficie nella quale esprime il miglior tennis migliorava di partita in partita ma purtroppo la sfortuna sotto forma di Covid lo fermò a Wimbledon dove non potette difendere la clamorosa finale sui campi di Church Road, unica volta per un giocatore italiano, del 2021 persa contro Djokovic.

Chi pensava che la situazione si sarebbe potuta ripetere anche quest’anno non aveva intuito che quello dello scorso era stato quasi un miracolo tennistico perché è difficile tornare e vincere dopo un periodo di stop abbastanza lungo. Ci vuole sempre tempo, indipendentemente dal motivo della pausa, per riprendere confidenza con la competizione e la vittoria. Quest’anno ne ha avuto poco per riflettere perché ha trovato di fronte un avversario in forma e che forse sull’erba, quando gli entra la prima, esprime il meglio di sé.

Non c’è stato match, troppo reattivo e veloce con le gambe Lorenzo che ha giocato lungo e aggressivo. Non ha sorriso tuttavia a fine match e ha dichiarato che non era contento della vittoria. La postura in campo, gli ultimi game con la testa bassa, qualche lacrima a fine match nascosta parzialmente dall’asciugamano, la bassa percentuale di prime e i pochi diritti vincenti ci hanno detto che per Matteo ci vuole ancora tempo per ritrovare se stesso e il proprio gioco.

Dispiace, ma non sappiamo che altro dire se non sperare che i guai fisici si allontanino per tanto tempo dandogli così la possibilità di ritrovare il gusto di giocare senza paura, lasciando correre il braccio come succedeva quando per tutti era il martello