Djokovic, la finale del Roland Garros e il sogno del Grande Slam

12 Giugno 2021
Sandro Columbaro

Diciamo la verità. Benché giocasse con il numero 1 del mondo erano veramente pochi quelli che sospettavano la sconfitta di Nadal. Se il maiorchino aveva zoppicato più del solito nei tornei primaverili sul rosso dimostrando una preparazione atletica meno splendente del solito e colpi meno fluidi – diritto poco incisivo e più corto in particolare – Nole aveva dovuto organizzare e vincere il secondo torneo di casa per tornare al successo dopo l’Open d’Australia.

Entrambi, a mio parere, si erano nascosti. Nole meglio di Rafa che al Foro Italico, sconfiggendolo in finale, aveva mostrato il piglio del dominatore sul rosso. Il match giocato agli Internazionali d’Italia, il terzo set in particolare, aveva lasciato pochi dubbi su chi fosse il vero favorito al Roland Garros. C’era poi da ricordare la netta sconfitta subita da Nole nella finale dello Slam parigino nello scorso ottobre che aveva dimostrato una distanza abissale tra i due contendenti su quel tipo di superficie.

Se l’obiettivo di Rafa era quello di far suo il 14° titolo a Parigi e scavalcare Roger nel computo complessivo delle vittorie Slam, quello di Nole era ancora più ambizioso anche se pochi lo avevano sottolineato perché lo consideravano una sbruffonata: vincere il Grande Slam. Lo aveva ripetuto più volte negli ultimi anni ma nessuno gli credeva veramente. Solo il suo team che sta lavorando a fari spenti per riscrivere la Storia del tennis.

Djokovic e Vajda sapevano che il vero grande ostacolo, quello più temibile, era battere Nadal al Roland Garros. Dopo la sconfitta all’ultima edizione il compito fondamentale è stato quello di prepararsi al meglio per queste due settimane. Non importava se c’erano da sacrificare alcune trasferte e qualche torneo, contava solo farsi trovare preparato per questa sfida epica.

Ieri Nole ha giocato la sua migliore partita sul rosso. Ha messo in campo non solo determinazione, voglia di vincere, forza fisica, preparazione atletica ma anche capacità tecniche che forse neanche Nadal, anche se le loro sfide hanno raggiunto un numero infinito, gli conosceva.

E’ partito meglio, molto meglio Rafa e fino al 5-0  le occasioni per Nole di fare partita pari sono state pochissime. Fino al 5-0 del primo set sembrava un film già visto, ma dopo quel parziale il serbo ha incominciato a impattare la palla sempre meglio. Non poteva certo recuperare la prima frazione, non ne sarebbe valsa comunque la pena visto il distacco. Tre game sono bastati per far capire a Nadal che in campo c’era anche lui, che la partita sarebbe stata molto diversa dalla finale dell’ottobre 2020.

Dal secondo set game dopo game si è incominciato a vedere un altro match dal punto di vista tattico. Nole ha costretto Rafa nell’angolo del suo rovescio, gli ha tolto la possibilità di giocare molti vincenti con il gancio diritto e ha utilizzato molto bene il rovescio lungolinea, il colpo che più di tutti, secondo me, ha fatto la differenza. E poi ha messo cuore, la volontà del ragazzo che si allenava sotto le bombe durante la guerra dei Balcani e che è fuggito presto per inseguire il sogno di essere il più grande sul campo da tennis. E’ arrivato vicino all’apice quando il trono del nostro sport era condiviso da Roger e Rafa e ha impiegato qualche anno per farsi rispettare, ancora di più per farsi amare ma non da tutti come i suoi due colleghi che sono icone universali.

Anche Nole ha avuto cadute disastrose. Lo ricordiamo amareggiato e giù in classifica dopo la sconfitta di tre anni fa al Roland Garros contro Cecchinato. Guru, diete, qualche problema sentimentale, l’abbandono dal team che lo aveva portato al successo, l’incapacità di ritrovarsi come uomo e come giocatore avevano fatto pensare, anche lui ne aveva parlato, che la possibilità di lasciare il tennis fosse un’ipotesi possibile.

Dopo il Roland Garros 2018 ha ritrovato team e motivazioni, voglia di vincere e di tornare ad essere protagonista. Ha collezionato due vittorie a Wimbledon, una a Flushing Meadows e due all’Australian Open. Ha incominciato a cullare il sogno di entrare nella Storia del tennis vincendo il Grande Slam, impresa che è riuscita a Laver in era Open nel 1969 e in precedenza nel 1962, e a Budge nel 1938.

Sia ben chiaro, il cammino è ancora lunghissimo. Aver tolto un ostacolo sulla strada non significa che la meta sia stata raggiunta. Troverà molti che vorranno sbarrargli il percorso. Con Tsitsipas domani giocherà una partita alla pari. Lo scorso anno al Roland Garros s’incontrarono in semifinale. Vinse Nole al quinto dopo un prodigioso recupero e solo perché il greco aveva finito la benzina.

A Wimbledon Federer farà di tutto per vendicare l’inopinata sconfitta di due anni fa nella quale ebbe a disposizione sul suo servizio due match point. Fu quella credo, per il modo per cui avvenne, la battuta d’arresto che ancora più gli brucia nella sua luminosa carriera. Sono convinto che lo svizzero venderà cara la pelle e che lo ritroveremo in forma per l’ultima occasione di essere protagonista sui campi di Church Road. Ci saranno anche i giovani e gli specialisti pronti ad aspettarli. Una giornata storta sull’erba può scivolare velocemente e a chiunque.

Se il serbo vincerà domani e si confermerà a Wimbledon allora prepariamoci per un’edizione unica degli Open degli Stati Uniti. A quel punto fermare Djokovic sarà veramente difficile. La storia del nostro sport potrebbe scrivere una pagina unica e irripetibile.