Al moscovita assegno la palma del migliore dell’anno anche se non ha vinto tornei Slam. E’ il giocatore con il maggior numero di titoli in stagione.
E’ difficile, in una stagione dimezzata come questa, assegnare la palma del migliore. Almeno quattro gli indiziati, nessuno tuttavia è da considerare l’esecutore perfetto.
Novak Djokovic è stato il più bravo fino a quella domenica maledetta mentre stava giocando gli ottavi di finale degli U.S. Open contro Carreño. Forse l’idea di fare un anno senza sconfitte, un unicum anche se in una stagione particolarissima, gli deve essere sicuramente venuta. Poi qualcosa si è rotto, dopo il fattaccio nel match contro lo spagnolo, il serbo ha giocato male quello che restava di questa stagione bislacca.
Da quando la Federazione francese ha fatto sapere, sorprendendo tutti, che il torneo del Roland Garros si sarebbe giocato in autunno, Rafael Nadal si è posto come obiettivo di stagione il tredicesimo titolo sicuro già da ora che mai nessuno, fino a quando si giocherà a tennis, potrà mai raggiungerlo. Se dovesse accadere, avvisatemi! Perfetto nella preparazione, chirurgico nelle due settimane del torneo, ha vinto senza perdere un set. Solo Sinner ci ha giocato alla pari nei primi due. Il maiorchino ha anche provato, senza riuscirci, a fare il gran colpo nell’unico torneo importante che gli manca: le Atp Finals.
Dominic Thiem durante l’estate ha giocato alcuni tornei d’allenamento sul veloce. Ha cercato di stupire tutti e c’è riuscito benissimo. E’ diventato il 150° Slammer sulla superficie a lui meno congeniale, almeno fino ad un paio di stagioni fa. Se non fosse stato per l’emotività di Sascha Zverev avrebbe dovuto rinunciare al sogno, complici anche alcuni problemi alla caviglia, che era anche del tedesco. Legittimano il suo miglior anno la finale persa di un nulla in Australia e l’ottima prestazione alle Atp Finals. A differenza di come era abituato a fare, quest’anno ha deciso di giocare pochi tornei ufficiali, ancora meno di quelli che avrebbe potuto. La strategia messa in atto con Coach Massù ha portato i suoi frutti. Al Roland Garros, prima ancora di Nadal come nel 2018 e nel 2019, ha trovato la strada sbarrata dal suo amico Schwartzman. Credo che il prossimo anno, se la stagione si giocherà abbastanza regolarmente, sarà il suo vero obiettivo.
Daniil Medvedev ha dormito sonni troppo tranquilli durante l’anno per meritarsi il titolo di migliore. Si è svegliato quando gli altri stavano ormai andando in letargo. Il modo in cui tuttavia ha vinto Bercy e soprattutto l’ultima edizione londinese delle Atp Finals lo lascia speranzoso per un 2021 da gran protagonista, più o meno quello che tutti si attendevano quest’anno dopo il gran finale della scorsa stagione.
Ho citato quattro player che ho già considerato ciascuno come protagonista di un mese. Tra questi forse Dominic meriterebbe la palma del migliore. Basta l’impresa della vittoria di un torneo Slam che non riusciva, non considerando i soliti noti, dal 2014 quando a Flushing Meadows s’impose in una finale atipica Cilic su Nishikori, per non avere dubbi su chi considerare l’avente diritto, ma io ho fatto una scelta che vuole vedere lontano, che ha come obiettivo gli anni che verranno.
Nomino quindi come miglior giocatore un quinto, un player che non ho ancora citato.
Andrej Rublev ha fatto quarti di finale nei tornei Slam di Flushing Meadows e del Roland Garros, è partito male alle Atp Finals, ma con i cinque tornei vinti in stagione ha dimostrato che nei prossimi anni chi vorrà vincere i titoli più importanti dovrà fare i conti anche con lui. 23° a inizio stagione, si ritrova meritatamente in 8a posizione.
Prima ancora di Khachanov ma soprattutto di Medvedev, nonostante sia di un anno più giovane, il moscovita figlio di Marina Marenko allenatrice di tenniste professioniste, incominciò a far parlare di sé a 16 anni quando ottenne i primi successi nel gradino più basso dei tornei professionisti e nel 2014 vincendo il torneo ragazzi del Roland Garros. I risultati inattesi gli aprirono, tra i tecnici e gli appassionati che s’interessano di tennis giovanile, le porte della notorietà. Incominciò anche a frequentare, grazie ad alcune wild card, tornei Challenger e Atp con risultati alterni. Si faceva notare per il diritto violento giocato in pressione e tirato da ogni posizione nonostante la sua struttura esilissima. L’atteggiamento in campo era quello di un ragazzo infelice. Preoccupavano i momenti bui nei quali perdeva il senso del gioco e peggio quello della ragione.
La vittoria nel 250 di Umago nel luglio del 2017, i quarti di finale agli U.S. Open dello stesso anno dove fu battuto nettamente da Nadal dopo aver eliminato Goffin e Dimitrov che a novembre si ritroveranno a Londra a giocare la finale delle Atp Finals, e il conseguente ingresso nei primi quaranta giocatori del mondo sembravano avergli aperto le porte del successo.
Non era partito male neanche nel 2018. Finale d’inizio anno a Doha, terzo turno a Melbourne e buone prestazioni a Montpellier e Rotterdam prima che una frattura da stress alla schiena lo allontanò dalle competizioni per diversi mesi.
Mentre i suoi quasi coetanei Khachanov e Medvedev incominciavano a prendere il volo nel ranking Atp, Andrej contava i giorni che ci volevano per tornare in campo e il calcolo si allungava ogni settimana che passava. Lontano dal suo sport che negli anni era diventato un lavoro, da quello che era abituato a fare da quando all’età di 6 anni mamma Marina lo aveva iniziato al tennis, la tristezza e una forma iniziale di depressione lo incominciarono ad attanagliare.
Non è mai facile riprendere dalle qualificazioni. Nel 2019 sono tornate le vittorie e con esse si è allontanato lo spettro della paura di non riuscire in quello che gli veniva da sempre naturale. La finale di Amburgo e il successo pieno nella sua città in una partita dominata contro Mannarino, gli hanno ridato la voglia di tornare a rimettersi in gioco in quello che gli riesce meglio.
Quest’anno l’ha dimostrata prima del lockdown con i successi di Doha e Adelaide e quando si è tornati a giocare con le vittorie di Amburgo, San Pietroburgo e Vienna, tornei di lignaggio superiore.
Lo vediamo arrabbiarsi meno grazie al gran lavoro di coching che sta facendo con Viciente, persino sorridere ogni tanto, non solo quando vince.
La strada che deve ancora percorrere per arrivare al successo di uno Slam o per raggiungere la vetta, se mai ci arriverà, è ancora molto lunga, ma mi sento di dargli fiducia.
Il titolo di miglior tennista dell’anno forse non è completamente veritiero perché non ha ancora vinto nulla di veramente importante ma, per un ragazzo dalle tante vite come lui, un atto di fiducia è proprio il minimo che io possa fargli.