Dominic Thiem vince Flushing Meadows 2020

14 Settembre 2020
Sandro Columbaro

Un nuovo vincitore Slammer, il centocinquantesimo della storia. Thiem è il primo giocatore nato negli anni ’90 a vincere un Mayor. Battuto in finale Sascha Zverev.

Per decretare il nuovo vincitore Slam, il 150° della storia, nell’atmosfera surreale dell’Arthur Ashe Stadium senza pubblico pagante, sono arrivati in finale il giocatore da molti pronosticato fin dall’inizio del torneo, testa di serie numero 2 in assenza di Nadal, e un player dato da un paio di stagioni in crisi psicologica ma anche tecnica.
Dominic Thiem-Sascha Zverev è stato quindi un ultimo atto previsto solo a metà. E’ difficile pensare che contro l’austriaco dall’altra parte della rete, senza quel gesto di follia imprevisto quanto incomprensibile del serbo sul quale non tornerò, non ci sarebbe stato Djokovic nella rivincita della finale dell’Australian Open di inizio febbraio.
Ha vinto Thiem come da previsione in un match che si è spostato dal livello tecnico a quello emozionale nel quale entrambi i protagonisti sembravano non volessero vincere, come due cavalieri gentili che a un certo punto della contesa decidono di non combattere più.

Sascha ha interpretato al meglio il match fin dalle prime battute: posizione in campo aggressiva, diritti vincenti, servizio devastante e il solito rovescio manovriero che quando è in giornata risulta uno dei migliori del circuito per precisione, potenza e capacità d’anticipo.
Nulla a che vedere con la partita giocata in semifinale con Carreño nella quale era sembrato per almeno due set il solito uccello impaurito che non sapeva quale direzione dovesse prendere il suo volo. Con lo spagnolo, tignoso come pochi, ha barcollato e solo quando ha visto la partita sfuggirgli si è preso per mano scrollandosi di dosso le paure che lo stavano attanagliando. Ha così incominciato a giocare come sa conquistandosi la prima finale Slam della sua carriera per la quale molti addetti ai lavori lo credevano capace, come sempre si fa per i predestinati, quando aveva  già vent’anni.

Nella finale con Thiem, con il quale amicizia e rivalità si confondono da almeno sei anni come ha confermato il tedesco durante la premiazione, è sceso in campo come pochi si attendevano. Era lui a fare la partita e a rischiare di più, mentre l’austriaco è sembrato contratto fin dalle prime battute, forse perché dato da tutti come il grande favorito o perché non si sentiva in ottime condizioni fisiche e aveva paura di rischiare.
L’opposto dell’atteggiamento che aveva avuto – sempre sicuro di sé, quasi spavaldo – nelle due settimane del torneo.
Anche nella semifinale contro Medvedev, che ha giocato la migliore partita dell’anno, non credo che Dominic si sia mai sentito in pericolo, neanche quando verso il finale, appoggiando male un piede, ha incominciato a zoppicare. Dopo un primo set dominato ha giocato i due tie-break col cipiglio di chi sa che non perderà, con la sicurezza di chi sa essere, anche se di poco, superiore.

Nella finale contro Sascha ha saputo recuperare due set, come non succedeva dal 1949, perché il tedesco incominciava ormai a pensare di essere vicinissimo al suo sogno di ragazzo. Dal terzo set i suoi colpi non gli uscivano più naturali, le percentuali di errore al servizio e col diritto aumentavano.
A dir il vero nel tennis i confini dei meriti e dei demeriti sono spesso incerti. Sicuramente l’austriaco ha incominciato a colpire meglio da una posizione più avanzata e a prendere coraggio, ma la partita l’ha persa Zverev. Sul 5-3 del quinto set si è fatto riprendere da un giocatore con evidenti problemi fisici. Nel tie-break una volta preso il vantaggio di un paio di punti, per errori di Sascha, l’austriaco in un finale da libro cuore – abbracci e pianti emotivi durante il saluto e la premiazione a rompere le regole sanitarie imposte dal Covid-19 – è riuscito a chiudere un match che ha vinto solo con la forza di volontà.

Speriamo che Sascha, ancora molto insicuro dal punto di vista mentale, sappia riprendersi da una botta che non sarà facile dimenticare. Sono certo che il padre ma soprattutto il nuovo allenatore Ferrer non mancheranno al Roland Garros. La loro presenza avrebbe potuto fare la differenza in questo match. Il rapporto di simbiosi che spesso s’instaura tra giocatore e coach diventa spesso elemento vincente. Chiedere a Dominic rispetto a Massù.
Per Thiem, quarta finale Slam dal 2018, la vittoria di oggi potrebbe essere il viatico verso la conquista di altri titoli prestigiosi e la scalata alla vetta della classifica mondiale.

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